Il Popolo dell'Artiglio
Leggenda antica sull'origine dei Felinidi
Com’era tradizione nel mio villaggio, il giorno del mio dodicesimo compleanno venni condotto in presenza della sacerdotessa Atheya. Correva voce che avesse superato addirittura i 60 anni, cosa assai rara per chi viveva in queste terre. Aveva i peli grigi e disordinati, delle profonde rughe sotto gli occhi ed intorno alle orecchie, e quando apriva la bocca si poteva chiaramente vedere che negli ultimi anni aveva perso un canino. La sacerdotessa mi aspettava seduta dietro ad uno scrittoio in una camera laterale del tempio del Grigone del Fuoco. Quando entrai nella stanza alzò leggermente lo sguardo, e mi fissò con i suoi occhi duri e penetranti “Ah, finalmente” disse quindi alzandosi e vendendo verso di me “Sai perché sei qui?” mi chiese con voce quasi sibilante.
“Sono qui… perché devo imparare… la via del Signore del Fuoco…” dissi con una profonda apprensione. Volevo trattenere la mia paura, ma mi era stato chiaramente detto di non farlo. Il Popolo dell’Artiglio si considerava estremamente passionale, ed era buona cosa esprimere le proprie emozioni in pienezza.
“Capire, non imparare!” mi interruppe Atheya con irritazione “Anche un pappagallo potrebbe imparare a ripetere delle parole, ma questo non lo renderebbe uno di noi” Così dicendo il suo tono tramutò velocemente ed assunse una profonda tristezza “già oramai molti di noi vivono nelle grandi città, mescolandosi assieme agli umani e alle altre genti, e venerando altri Grigoni”. A quel punto, il tono della voce cambiò nuovamente e si tinse di rabbia “Ma non da noi! Questo villaggio fu fondato perché il popolo dell’Artiglio potesse ritornare quello di un tempo. Prima della grande traversata, prima ancora degli incontri con l’impero Dragonico”. A quel punto la voce si placò, e sul suo volto si disegnò un sorriso beffardo “Dimmi, cosa sai la storia dell’origine della nostra gente?”.
Rimasi qualche secondo in un imbarazzante silenzio, ed Atheya mi guardò con esasperazione “Oggi i ragazzi non sanno niente” disse con voce secca. Mi fece allora cenno di seguirla, ed uscì dallo studiolo per entrare nella sala principale del tempio. In centro, al posto dove solitamente si dovrebbe vedere un altare, stava un grande braciere. Si diceva che la fiamma ardesse costantemente, e che il compito di monaci e sacerdoti fosse quello di vegliarvi davanti affinché non si spegnesse mai. “Questa storia” disse infine “mi fu tramandata dal sacerdote di questo tempio alla tua età, e non posso garantirti che sia vera. Narra di un altro continente, e di un tempo antico. Allora poche erano le comunità civilizzate, e nessuna abitava quella savana. Un giorno un gruppo di giaguari stavano rincorrendo un’antilope. La preda era svelta, ed avrebbe impegnato gli inseguitori in una lunga ed estenuante corsa, cosa a cui quei felini sono poco avvezzi. D’un tratto, però, passarono davanti ad un incendio spontaneo, causato da un fulmine che aveva colpito un albero qualche ora prima. Di colpo, alcuni di quei predatori scattarono ai lati dell’antilope impedendole di svoltare. In altre occasioni si sarebbe trattato di uno sforzo inutile, visto che quello scatto non avrebbe rallentato la loro preda. Ma in questo caso, l’antilope fu costretta a correre verso le fiamme e, quando vi si avvicinò troppo, si paralizzò per la paura e si bloccò”. Atheya fece un respiro profondo fissando il bracere e continuò “Il Grigone del Fuoco osservò la scena ed approvò. L’antilope aveva avuto paura delle fiamme, ma i giaguari no. Diversamente dagli umani, che avevano dovuto imparare ad usare il fuoco per scaldarsi, quei felini non ne avevano bisogno dato che la loro pelliccia era sufficientemente folta. Tuttavia, era evidente che capivano e rispettavano la sua forza. Così, con il suo immenso potere, il Grigone raddrizzò la loro schiena e gli consentì di camminare su due zampe. Da quel gesto, nacque il popolo dell’Artiglio e, non a caso, il popolo dell’Artiglio ha sempre venerato il fuoco”.
Un grosso sorriso si dipinse sulla sua bocca quando voltò lo sguardo verso di me “Come vedi, da questa storia nascono tutti gli insegnamenti che hai ricevuto, e che definiscono cosa vuol dire essere parte del popolo dell’Artiglio. Anche se nel resto del continente molti di noi non seguono questi dettami, qui al villaggio sono considerati sacri, ed è giusto che tu li porti sempre con te”. Detto questo fece un respiro. “Ora dimmi, questa storia ti ha suscitato qualche domanda?”
In effetti la mia mente era colta da un turbinio di interrogativi, cosa che probabilmente la sacerdotessa aveva colto dalla mia espressione. D’istinto, esplicitai la prima frase che mi venne in mente: “Perché lo Spirito del Fuoco ha scelto proprio noi?” chiesi con voce solerte.
Atheya sorrise compiaciuta “È un mistero su cui ci siamo molto interrogati” disse con solennità “giacché quasi tutti gli altri popoli di questo mondo hanno migliori ragioni di noi per venerare il Fuoco. Coloro che non hanno il pelo lo usano per scaldarsi. Coloro che non hanno artigli lo usano per spaventare le fiere o per fondere i metalli con cui forgiare armi. Coloro che non hanno denti aguzzi lo usano per cucinare i cibi e renderli masticabili. Noi non abbiamo tali necessità e, benché col tempo abbiamo imparato a sfruttare questi doni, avremmo potuto vivere senza di essi”. Fece una lunga pausa, poi mi guardò “A tuo avviso qual’é la risposta? Perché lo Spirito del fuoco protegge proprio le nostre genti?”
Rimasi qualche istante a riflettere. D’un tratto la risposta apparve nella mia mente chiara come il sole: “la nostra fede non ha secondi fini” dissi con decisione.
Atheya mi guardò sorpresa “Esatto” disse “lo Spirito del Fuoco ci insegna la via diritta, senza sotterfugi, ripensamenti o menzogne. Come potrebbe rispettare un popolo che lo venera solo per l’utilità dei suoi doni? Per la sua stessa natura egli esige delle genti che non hanno bisogno di lui. Quindi, visto che all’epoca un tale popolo non esisteva, decise di plasmarne uno”. Un’espressione di piena soddisfazione si dipinse sulla faccia della sacerdotessa “Hai imparato bene, ragazzo!” disse infine “Credo che non vi sia più tempo da perdere in addestramenti di sorta, e che tu sia pronto”. Una vampata di calore invase il mio volto. La mia bocca sorrise leggermente in segno di orgoglio. La sacerdotessa notò la reazione e la approvò. “Informerò gli altri anziani della mia decisione” riprese “se loro concorderanno con me, tra qualche giorno tu potrai prendere il giuramento davanti alla Fiamma Sacra”. Così si diresse lentamente verso l’uscita del tempio, lasciandomi solo, invaso da un profondo turbinio emotivo, e senza nessuno con cui confrontarmi se non le fiamme rosse provenienti dal grande braciere.
[leggenda scritta da Vandor sull’origine dei Felinidi]