Gli anni bui e la liberazione
1425 D.C.
“Una volta dominavamo il mondo, e poi, d’un tratto, fummo costretti a vivere nascosti, vagando di terra in terra, facendo attenzione a non farci scorgere. Come scarafaggi sopravvivemmo ad ogni pericolo, cacciando, raccogliendo frutta, e… ritrovando altri come noi. Eravamo interessati soprattutto ai bambini, che rappresentavano l’unico futuro di questo mondo. I piccoli sarebbero stati coloro che avrebbero liberato le nostre terre, e come tali andavano protetti ad ogni costo.
In due anni il nostro gruppo raddoppiò, e divenimmo circa trecento. La gloriosa terza legione era oramai una massa indistinta di gente dalle differenti etnie, età ed estrazioni sociali. Tutti avevano imparato a combattere, in un modo o nell’altro, e Berghroth si assicurò che vi fossero sessioni di addestramento continue. La sua voce calda e tonitruante emanava obbedienza ed autorevolezza. Ci sentivamo un po’ più sicuri con lui, e questo aiutò.
Conducevamo una vita nomade, facendo attenzione a non rimanere troppo a lungo nello stesso posto. Ci spostavamo in grotte, fitte foreste, e rovine di vecchi edifici, tutti luoghi dove non avremmo potuto essere visti da demoni e draghi in volo. Le nostre vedette avevano imparato a nascondersi dalle pattuglie dei Saikmar, a riconoscere il loro arrivo, e ad evitare le strade da loro maggiormente battute. Quei cavalieri fatti d’aria erano il nostro più grande terrore: non potevano essere feriti o uccisi, e l’unica strategia possibile era evitarli il più a lungo possibile.
Poi, d’un tratto, il continente divenne vuoto. Nel corso di qualche mese realizzammo che non vi erano più Saikmar a pattugliare le terre, o demoni a volare in cielo. L’unica cosa che era rimasta era una profonda desolazione. Il saggio Pervell interpretò positivamente la cosa. A sentir lui, Draguluin aveva sempre avuto l’intenzione di abbandonare questo mondo, e riaccompagnare la sua sposa nella sua dimensione. Forse egli era definitivamente partito, portandosi via tutti i suoi sgherri.
In quel momento realizzammo quanto fosse stata dura la nostra esistenza fino a quel momento. Per più di due anni non ci eravamo mai fermati. Adesso, forse, potevamo prendere fiato. Ma fino a che punto? Anche senza Draguluin la vita avrebbe potuto ricominciare come prima? I Grigoni rimanevano comunque imprigionati. E poi c’era il il servo di Draguluin, quel Vargo. Era andato via anche lui o era rimasto a governare una terra vuota?
La ricostruzione di Dragonia
Era il 1425 D.C. e da più di vent’anni oramai non si era avuta alcuna notizia dei Saikmar o di Draguluin. Durante questo periodo, la terza legione comandata da Ruth Berghroth si era insediata nelle rovine della vecchia città di Dragonia, ed aveva incominciato la ricostruzione. I terreni antistanti alla città erano stati bonificati, le mura pericolanti rafforzate con palizzate, e le case riparate nei limiti delle nostre capacità. La vecchia capitale imperiale assunse un aspetto quasi grottesco, dal momento che sontuose pareti di pietra finemente cesellate si connettevano ad ordinari muri di legno e di mattoni, messi in piedi alla bell’é meglio per restituire agli edifici la loro integrità. Ruth Berghroth oramai invecchiato, aveva da tempo lasciato il comando del gruppo, ed a capo della comunità era stato nominato un rettiloide imponente di nome Gherdel Demoria.
La cosa aveva destato una certa perplessità ad alcuni. Demoria era un soldato valoroso. Aveva una raffinata mente militare, ma era considerato essenzialmente un rozzo. Era stato per anni il secondo di Berghtoth, e la sua nomina rivelava il fatto che la popolazione si riteneva (nonostante il tempo passato) ancora in allerta, pronta a riprendere la vita nomade al primo segno di pericolo. Tuttavia, vi era una minoranza che sosteneva come il comando dovesse andare ad un rampollo dell’aristocrazia umana, e che questo sarebbe stato il segno fondante della ricostruzione del vecchio impero.
Nonostante questi screzi politici, la vita a Dragonia proseguì pacificamente e faticosamente. L’assenza dei Grigoni rendeva ogni aspetto dell’esistenza difficile. L’acqua era difficile da trovare, i raccolti erano scarsi, le nascite piene d’imprevisti ed estremamente dolorose. Malattie ed epidemie fiaccavano la popolazione. Gli incantesimi erano deboli, i combattenti e cacciatori si sentivano demotivati. Le loro ferite si infettavano ed andavano in cancrena. Se uccisi non potevano ritornare in vita. La città aveva nominato un nuovo sommo sacerdote, chiamato Axel Garreth, prontamente educato alla dottrina e alle vie della fede. Costui imponeva alla popolazione lunghe sessioni di preghiera continua, dal momento che questo avrebbe aiutato i Grigoni durante la loro prigionia. Ma si trattava di preghiere a senso unico, dove i fedeli parlavano e nessuno rispondeva loro. Col tempo, questa ritualità apparve ai più come un esercizio vuoto. Molti cominciarono a domandarsi se i Grigoni non fossero effettivamente morti da tempo, e se non si dovesse accettare di dover far a meno di loro.
Così si giunse alla primavera del 1425 D.C., quando Logan Pervell morì. Era oramai molto anziano, e da qualche tempo aveva contratto una pesante infezione che gli dava febbri e convulsioni violentissime. In onore del servizio reso alla comunità, l’ultimo governatore di Tarmush fu seppellito sontuosamente presso una piccola cappella nel cimitero della città. Tuttavia, durante quella cerimonia, avvenne un fatto sorprendente. Mentre stava per essere deposta a terra, la bara si scoperchiò, ed il cadavere di Logan si rialzò in piedi. Il volto era pallido, gli occhi erano spenti e le pupille non reagivano alla luce. Il corpo si conservava ancora bene, ma dentro di esso il cuore non pulsava, i polmoni non sentivano bisogno di respirare, ed i movimenti non erano accompagnati da alcuna contrazione muscolare. I più giovani degli astanti non sapevano cosa stesse succedendo, mentre i più anziani si rifiutavano di crederci, visto che erano più di vent’anni che non accadeva. Logan Pervell era ritornato dai morti in forma di Dherrota. Questo era l’operato di uno dei Grigoni.
Un messaggio dal mondo dei morti
Logan non si era limitato a risorgere. Una volta interrogato, riferì quello che aveva visto nell’aldilà. “Se ci pensate ha senso” commentò “Draguluin diceva che i Grigoni sono espressioni antropomorfe dei vari aspetti della vita. Ed è vero. Si nutrono delle nostre preghiere, ma non solo di quelle…”. Fece una pausa. Davanti a lui il sommo sacerdote Garreth, il comandante Demoria e l’anziano Ruth Berghroth lo fissavano ansiosamente “Il Grigone delle Paludi, l’Ultimo, Colui che Giunge la Sera… beh è anche colui che accompagna i morti nell’aldilà”. Così dicendo Logan allungò la mano verso un’ampolla piena di vino. Se la portò alla bocca e ne bevve un sorso. Immediatamente distolse il bicchiere con una espressione schifata. Nella sua nuova condizione egli percepiva i sapori in modo diverso “Comunque…” riprese “Cosa pensate che sia successo a tutti i morti degli ultimi vent’anni? Essi esigevano di essere accompagnati all’altra vita, ed il Grigone delle Paludi ha svolto questo compito. Non fraintendetemi, egli è sempre prigioniero assieme agli altri.” Si grattò la testa per un istante “È complicato… riguarda il fatto che esistono diversi piani di esistenza… o almeno penso di aver capito così. Insomma, in questi anni il Signore delle Paludi non ha potuto fare nulla sul nostro mondo perché è prigioniero come gli altri, ma la gestione dei morti è un’altra cosa. Nulla gli ha impedito viaggiare verso quel piano di esistenza ed interagire con le anime dei defunti”. Si fermò un istante. Nell’ultima parte della sua vita, Logan era diventato un senile e lento, sia mentalmente che fisicamente. Ora egli apprezzava la ritrovata intelligenza ed energia che caratterizzava i Dherrota. Sorrise maliziosamente e riprese a parlare “Non capite? Tutti i morti di questi anni… ciascuno di loro ha avuto bisogno di lui, e questo è come se fosse una piccola preghiera che gli ha dato un po’ di forza. Ora finalmente ha raccolto abbastanza potere per risvegliarne uno”.
Axel Garreth fece una smorfia di delusione. Si era aspettato di sentire storie altisonanti sul ritorno dei Grigoni. Sperava che la fede, i rituali, e imposte preghiere avessero fatto la differenza. Invece, tutto era stato inutile. Dopo vent’anni di sforzo, tutto quello che aveva ottenuto era un singolo Dherrota, e non era stato nemmeno merito dei suoi sforzi. Sconsolato, fece per allontanarsi, seguito a stretto giro da Demoria. “Aspettate!” riprese Logan “Mi ero dimenticato la cosa più importante. Ho un messaggio per tutti voi: so come rompere l’incantesimo che tiene prigionieri i Grigoni!” A queste parole gli astanti si voltarono verso di lui lo fissarono intensamente.
“Dobbiamo rompere un sigillo.” riprese Logan dopo qualche minuto “Vedete, i Grigoni non sono in una prigione fisica. Sono stati cacciati via da questo piano di esistenza, e non vi possono entrare. Draguluin ha sigillato il passaggio. Ci basta rompere il sigillo ed i Grigoni saranno liberi”.
Gherdel Demoria sbattè le palpebre impercettibilmente “E sssapete dove si trova questo sssigillo?” chiese.
Logan annuì “In una grotta nelle profondità della terra. Purtroppo non basta colpirlo con una scure. Bisognerà fare dei rituali arcani. Inoltre, in quelle grotte abitano Vargo ed i suoi araldi. Fino ad ora non hanno mai mostrato troppo interesse a quello che avveniva in superficie, ma se si accorgono che vi sono dei superstiti…” Non terminò la frase. Tutti conoscevano che conseguenze avrebbe avuto rivelare la propria presenza ad una ex-divinità sanguinaria ed ai suoi sgherri.
Ruth Berghroth si schiarì la voce “Bisognerà provarci comunque”. Tutti annuirono solennemente. “E ci vorrà un mago per l’incantesimo… di quelli bravi”. Ne seguì un minuto di silenzio, dove tutti scrutarono il volto di Gherdel con malcelata preoccupazione. Questi rimase impassibile fino a che, d’un tratto, emise un verso stridulo e scomposto: “No!” disse infine “Non ditemi che dobbiamo andare da quella là!?”.
La maga migliore della città era Lady Alexandra Putixhanova, detta Putixha, ultima discendente di una famiglia nobiliare dragoniana, e lontanamente imparentata con la casa imperiale. Da giovane, aveva studiato nella vecchia Torre della Stregoneria di Dragonia, e la sua abilità nel manipolare gli elementi era senza uguali. Ora era una agiata cinquantenne, fermamente opposta alla nomina di Demoria, per il quale nutriva un profondo disprezzo. Differentemente dalla maggior parte delle persone, che viveva in case di piccole dimensioni, lei si ostinava ad abitare nel vecchio palazzo ancestrale della sua famiglia, nonostante i soffitti scoperchiati, i pavimenti sempre in procinto di cedere, e senza nessun personale disposto ad aiutarla a gestire uno spazio così vasto. Tendenzialmente era ignorata dalla maggior parte della popolazione, inclusi gli altri appartenenti all’aristocrazia dragoniana, che la trovavano eccessivamente rigida nelle sue posizioni, oltre che un po’ inquietante. Fu allora che, con estrema sorpresa da parte sua, Putixha ricevette la visita proprio di Demoria, accompagnato da Garreth, Berghroth, e dal cadavere ambulante di Logan Pervell. Costoro raccontarono alla maga gli ultimi avvenimenti e chiesero il suo aiuto per portare a termine la missione. La donna sedeva su una vecchia poltrona di legno imbottita di velluto blu, in cui una gamba era saltata ed era stata sostituita da un mattone. “E così avete bisogno dei mio aiuto” disse solennemente.
Come consueto, Gherdel Demoria rimase impassibile. Con i rettiloidi non era mai chiaro se non sentivano le emozioni, o se semplicemente erano bravi a nasconderle. In ogni caso rispose alla maga con estrema cortesia “Immagino, che la liberazione dei Grigoni interessssi anche voi, cara Putixha”.
“Per te sono Lady Putixhanova, brutta lucertola rossa”. Rispose con disprezzo. “Impara a stare al tuo posto, ed a rispondere come si conviene a chi è migliore di te”. Ne seguì un profondo silenzio, nel quale appariva immersa nei suoi pensieri “È una pessima idea” disse infine “Siamo riusciti a ricostruirci una vita qui, non vorremo certo farci scoprire da Vargo. Alla fine siamo vissuti senza Grigoni per gli ultimi vent’anni, possiamo farlo ancora”.
“Vargo non rimarrà in eterno sotto terra” rispose Logan Pervell. “Prima o poi si accorgerà del nostro insediamento”. La donna sospirò.
“Immagino abbiate ragione” disse infine “E sia!… sono disposta a partecipare alla missione, ma ad una condizione”. Gli occhi si fecero piccoli e si concentrarono sul rettiloide “Se tutto questo avrà successo, Dragonia avrà bisogno di una nuova guida. Un campione scelto da me ti sfiderà a duello, e cercherà di ridurre la tua testa in poltiglia. È ora di rimettere un po’ di ordine in questa città”. Gherdel rimase immobile per quasi un minuto. Il suo volto inespressivo non lasciava trasparire nessuna emozione, ma era chiaro che stava valutando la richiesta della maga sotto ogni aspetto. Infine, annuì con la testa.
Battaglia al centro della terra
La notizia della missione suscitò svariati malumori, visto che molte persone si erano affezionate alla loro nuova esistenza, e non avevano intenzione di metterla in pericolo. Se avessero rivelato la loro posizione a Vargo ed ai suoi sgherri, questi di certo avrebbero approfittato per attaccare in massa Dragonia. Queste insoddisfazioni furono placate solamente dalle parole di Logan Pervell, che sostenne come, in caso di assalto, il Grigone delle Paludi gli avesse inviato un piano per difendere la popolazione. Suggerì quindi a Demoria di organizzare una spedizione con non più di 30 combattenti scelti, ma di lasciare lui e la maggior parte della popolazione in città affinché si preparasse al peggio.
Dopo due settimane di preparativi, la comitiva si diresse verso un punto indicato da Pervell a nord-est dalla capitale, dalla quale partiva un cunicolo che li avrebbe condotti sottoterra. L’entrata era stata controllata da delle vedette per tutto il periodo precedente, che si erano assicurate del fatto che il passaggio fosse effettivamente inutilizzato, e che rappresentasse il punto ideale per raggiungere il sigillo indisturbati. Così Demoria, Berghroth, Garreth, una reticente Putixha, ed il resto della spedizione si inoltrarono nella grotta. La strada scendeva in profondità, e l’aria era stagnante. Per farsi luce, molti si erano legati delle lanterne alla cintola. In alcuni punti il passaggio era assai stretto, cosa che rallentò notevolmente l’avanzata. Ogni tanto, il cunicolo si biforcava. In quei casi, Berghroth fermava la comitiva, e tirava fuori un foglio di carta datogli da Pervell con su scritte le indicazioni per raggiungere il loro obbiettivo e lo rigirava nervosamente in tutte le direzioni. Tra la giungla ed i deserti, le sue abilità nell’orientarsi erano seconde a pochi, ma all’interno di quei conicoli non aveva alcun punto di riferimento che gli potesse suggerire dove andare. Dopo tre ore di discesa, il passaggio si allargò progressivamente e la comitiva si trovò all’ingresso di una grande sala. Era alta 4 metri, e sufficientemente larga da poter ospitare tutti gli avventurieri. Doveva esserci un condotto d’aria da qualche parte, dal momento che in quello spazio si poteva respirare tranquillamente, benché la puzza di zolfo e carne putrefatta fosse difficilmente sopportabile. In mezzo alla sala vi era un altare di pietra, con sopra scolpiti dei simboli runici. Dietro l’altare vi era una seconda apertura, che scendeva ulteriormente sotto terra. Berghroth allungò la mano e indicò la struttura in pietra. Poi, voltando la testa all’indietro sussurrò: “ecco il Sigillo! Fate venire avanti Putixha”.
La maga camminò lungo la sala con solennità, e si fermò solo quando fu in prossimità dell’altare di pietra. Dopo averlo osservato sospettosamente diede un sospiro, per poi sfilare dalla veste un libriccino rilegato in pelle nera. “Speriamo di non dovercene pentire” sussurrò malinconicamente, ed immediatamente cominciò a pronunciare delle formule magiche che nessuno comprendeva. Nel frattempo tutta la comitiva si dispose in cerchio intorno all’altare per difendere la maga nel suo rituale. Trascorse una buona ora. Nella sala regnava un silenzio quasi innaturale, fatta eccezione per le formule magiche sussurrate da Putixha, e qualche scintillio di luce provenire dalle rune scolpite nell’altare. La maga, col passare del tempo, assumeva un’aria sempre più corrucciata, segno evidente che stava cercando di annullare un incantesimo estremamente complesso. D’un tratto, dopo l’ennesima sequenza di parole magiche, l’altare si mise a tremare rumorosamente per qualche secondo. Demoria volse lo sguardo e fissò la maga, la quale di risposta alzò le spalle e sussurrò “Mi spiace”. Dopo dieci secondi tutta la stanza cominciò a tremare ancora più forte. Si trattava di scosse ritmiche che aumentavano progressivamente di intensità. Putixha, più stupida degli altri si limitò a protestare “questa volta non sono io!”.
In quel mentre, nella apertura opposta a quella da cui erano arrivati, emerse una creatura enorme, dalle spesse scaglie nere, le braccia possenti, e occhi fiammeggianti. Berghroth strinse con la mani la bardica che teneva legata dietro la schiena “È un araldo di Vargo!” urlò “Per le fiamme difendete la maga e non recedete!”. Di colpo si udì un forte clamore di scudi. Ciascun guerriero vi batteva contro la spada per confondere la creatura che, automaticamente, dirigeva la propria attenzione ora verso l’uno, ora verso l’altro. Nel frattempo, altri combattenti che brandivano armi a due mani, si lanciarono contro la creatura cercando di coglierla di sorpresa, mentre dal fondo si levò una nube di frecce. Con un gesto delle braccia che rasentava l’indifferenza, l’araldo spazzò via ogni attacco che gli giungeva dai lati, scaraventando molti a terra. Berghroth si vide scagliato contro la parete della roccia. Qualcosa che sembrava un misto tra un sorriso ed una smorfia di dolore si dipinse sul suo volto mentre diceva “Bene… non sia mai che io muoia di vecchiaia nel mio letto, come le mammolette”. Quindi si rialzò e si gettò nuovamente alla carica gridando “questo è un bel giorno per morire!”. Come molti felinidi egli aveva coraggio in abbondanza, e l’unica strategia militare che conosceva era quella di gettarsi contro al nemico con lo stesso entusiasmo riservato ad una pinta di birra o ad una compagna di letto.
Demoria, invece, aveva altre idee. Con lo scudo ben alzato cercava di assorbire i colpi della creatura mentre faceva un cenno a due dei suoi uomini rivestiti di una leggera armatura di pelle. Costoro, estrassero dei coltelli affilati sulla cui lama riluccicava un liquido viscido, e si accostarono furtivamente alla schiena del mostro. Il primo cercò di conficcare lo stiletto nello spazio tra una scaglia e l’altra, ma la lama si spezzò. Il secondo si allontanò di qualche passo, prese la mira e lanciò la lama verso il volto del mostro. Questa si conficcò nell’occhio sinistro dell’araldo, che cominciò ad urlare e contorcersi dal dolore. Demoria allora voltò il capo verso gli arceri nelle retrovie “Bissssogna puntare agli occhi e la bocca!” urlò “E ssssse avete frecce avvelentate è il momento di ussssarle!”.
La battaglia proseguì secondo il medesimo copione, con guerrieri armati di scudo che facevano rumore attirando il nemico a sé, arceri e spie armate di coltello che cercavano di indebolire la creatura avvelenandola e ferendola nelle parti molli, e Berghroth che si lanciava ripetutamente contro il mostro per venir sempre scagliato all’indietro. In quel mentre, Putixha proseguiva con i suoi incantesimi cercando di ignorare cosa le stesse accadendo intorno. Le cose cambiarono quando l’araldo, indebolito e guercio, voltò l’occhio che gli era rimasto su di lei. Dopo averla osservata per qualche secondo, decise di ignorare i rumori e gli avversari ed attaccò direttamente la maga con il suo possente artiglio. Il colpo venne deviato da Demoria che riuscì ad infrapporsi. Lo scudo gli si ruppe, come anche parte dell’armatura. Il rettiloide cadde accando a Putixha con una profonda ferita sulla spalla. Fu allora che la maga lo guardò con un sorriso sarcastico, pronunciò un’ultima formula magica, e l’altare si sbriciolò davanti ai suoi occhi. Il sigillo era stato rotto.
Il primo a sentirne gli effetti fu Axel Garreth, che vide il suo possente martello da battaglia brillare di luce innaturale. Estatico gridò “I Grigoni sono liberi e ci stanno proteggendo!”. Quindi socchiuse gli occhi e pronunciò alcune parole a mezza voce. Ad un orecchio distratto avrebbero potuto apparire anche loro formule magiche, ma si trattava di preghiere. In seguito, Demoria vide le sue ferite rimarginarsi, e si accorse che aveva la forza per rialzarsi in piedi. Tuttavia, colui che beneficiò maggiormente della liberazione dei Grigoni fu Berghroth che si sentì invadere da una furia immensa, che non aveva provato da anni. Con un profondo ruggito si arrampicò sulla schiena dell’araldo e cominciò a sferrare colpi ripetuti sul collo. I suoi movimenti erano così agili e potenti che pareva notevolmente ringiovanito. Le scaglie della schiena del mostro si spezzavano sotto il colpi della bardica, fino a che per la prima volta non si vide del sangue zampillare. L’araldo cadde in terra, mentre il felinide conficcò la lama in tutta la sua interezza dentro le carni del mostro. In breve tempo, tutti i combattenti furono sopra la creatura e la finirono.
Il sacrificio
Dei 30 uomini scelti da Gherdel Demoria, solo 15 ne erano sopravvissuti. Axel Garreth cercò di inviare una preghiera al Grigone dell’Aria perché potesse riportarli in vita, ma nulla accadde. I voleri dell’Etereo Guaritore erano spesso imperscrutabili e non sempre donava nuovamente la vita a chi la aveva persa. O forse i Grigoni erano ancora troppo deboli per esaudire preghiere così estreme. Fu allora che ciascuno dei superstiti raccolse il corpo di un caduto e se lo caricò in spalla, affinché potesse essere portato fuori da quella grotta infernale e dargli una degna sepoltura. Lentamente, il gruppo riprese il medesimo cunicolo dal quale era disceso, e si accinse a ripercorrerlo a ritroso. Nonostante le ingenti perdite, il clima era di profonda eccitazione. Avevano vinto, dopo vent’anni i Grigoni erano di nuovo liberi. Inoltre, l’unico che si era accorto della loro presenza era un araldo che era stato sconfitto. Possibile che fossero riusciti a farla franca? Possibile che né Vargo, né altri dei suoi araldi si fossero accorti di quello che era successo?
A chiudere la comitiva vi era un raggiante Berghroth che camminava ripulendo la sua arma e parlando e fischiettando come se fosse ad un’osteria. La ritrovata energia gli aveva dato un po’ alla testa. Così continuava a ripetere “voi e le vostre strategie… alla fine è bastata un po’ di tenacia per abbattere quel bestione. Tutto merit…”. Non terminò la frase, ma emise solo un debole mugugno. I guerrieri a coda della spedizione si voltarono. Ruth Berghroth era stato tirato indietro dalla mano di un altro araldo, che si stagliava nella grande sala assieme ad altri due suoi pari. La mano della creatura demoniaca aveva stretto il torace del felinide, spezzandogli le costole e schiacciandogli i polmoni. Col poco fiato che aveva in bocca, il vecchio comandante della terza legione gridò “Fuggite!… in fretta!”. Istintivamente, tutti lasciarono a terra il corpo che stavano trasportando e si precipitarono verso l’uscita. La salita era ripida ed il passaggio stretto cosa che rallentò notevolmente l’ascesa. Tuttavia gli araldi, date le enormi dimensioni, ebbero ancora maggiore difficoltà ad inseguirli. Con enormi spallate le creature cercavano di allargare il varco innanzi a loro, cosa che minava la stabilità di tutta la struttura. Se i demoni avessero continuato questo esercizio, il cunicolo sarebbe crollato addosso a tutto il gruppo, seppellendoli nelle profondità della montagna.
“Li tengo occupati io!” disse d’un tratto una voce sibilante. Gherdel Demoria si fece strada verso la coda della comitiva. “Voi rissssalite in fretta” aggiunse “e appena arrivati fuori, assspettate qualche minuto. Se non dovesssi tornare, ssssiate voi a far crollare la grotta”. Così, mentre il gruppo si allontanava, Demoria strinse con forza la sua spada e scese ad affrontare gli araldi. “La ssssola cosa buona” si disse “è che il passsaggio è sssstretto, e potrammo attaccarmi sssolo uno alla volta”. La lanterna che teneva legata alla vita si era rotta nel combattimento e, con l’allontanamento del gruppo, egli si trovò al buio. Dopo qualche passo, egli vide innanzi a sé, due occhi fiammeggianti rossi.
Di colpo, alle spalle del rettiloide, la galleria si illuminò. Gherdel voltò la testa e vide Putixha che avanzava. Una sfera luminosa fluttuava sulla sua testa, mentre una possente fiamma le usciva dal palmo. Il rettile si spostò giusto in tempo prima che lei potesse lanciare un proiettile ardente contro l’araldo. Gherdel Demoria continuò a fissarla in silenzio, in quella che poteva quasi sembrare una espressione interrogativa. “Prima mi salvi la vita, e poi ti sacrifichi come un eroe!” gli disse la maga guardandolo con sarcasmo “Se ti lascio fare finiranno per dare un titolo nobiliare alla tua famiglia! Ed io non posso sopportare l’idea che esistano dei Lord con lo squame”. Così dicendo lanciò un altro proiettile di fuoco verso l’araldo. Mentre questo accadeva, i due udirono un rumore provenire dall’alto. Una potente esplosione aveva fatto crollare l’entrata della grotta.
“Lady Putixhanova” riprese il rettiloide “Per un attimo ho penssssato che quello fosssse il campione con cui volevate sfidarmi” così dicendo indicò l’araldo che a spallate cercava di farsi strada per raggiungerli.
La maga guardò il rettiloide con iniziale curiosità, per poi scoppiare a ridere. Non era da lui cercare di fare dell’ironia, ma il momento estremo induceva tanti ad azioni inconsuete. “Stiamo per morire sotto una montagna” rispose infine “penso che tu possa tranquillamente chiamarmi Putixha”. In quel momento l’araldo di Vargo diede un’altra spallata alle pareti della grotta, ed il cunicolo crollò loro in testa.
[riadattamento della storia del vecchio shard di Te’Rha da parte di Vandor. Testo originale qui e qui.]
La storia continua...
L'Approdo